di Bianca Maria Sezzatini
Da lunedì 20 a sabato 25 febbraio 2017, al Teatro Due, AccurA Teatro presenta: “TADDRARITE” “GIACOMINAZZA” e “A TESTA SUTTA”, tre spettacoli scritti da Luana Rondinelli.
Da lunedì 20 a sabato 25 febbraio 2017, al Teatro Due, AccurA Teatro presenta: “TADDRARITE” “GIACOMINAZZA” e “A TESTA SUTTA”, tre spettacoli scritti da Luana Rondinelli.
CHI È LUANA RONDINELLI
Nasce a Roma nel 1979, ma si sposta da piccolissima con i genitori a Marsala, dove trascorre i primi 27 anni della sua vita. La sua passione per il teatro comincia prestissimo e diventa consapevolezza quando, a 15 anni, assiste al suo primo spettacolo teatrale: “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello. Frequenta, dapprima il corso di recitazione del maestro Michele Perriera alla scuola di teatro “Teatés” a Palermo e, a seguire, il corso di recitazione presso la scuola “Ribalte” del Teatro Sistina di Roma diretta da Enzo Garinei, dove partecipa anche a vari laboratori.Nel 2006 in collaborazione con l’associazione D’altra P’arte ha proposto una riduzione de “I ciechi” di Maurice Maeterlinck al Teatro Antico di Segesta.
Nel 2011 scrive, dirige e interpreta “Taddrarite” e fonda la compagnia Accura Teatro, e nel 2013 scrive e interpreta “Giacominazza”.
Il testo Taddrarite si aggiudica il secondo posto e il premio della critica al “Premio internazionale per la drammaturgia Etica in Atto 2013″ ed il premio come miglior spettacolo e miglior drammaturgia al Roma Fringe Festival 2014. Giacominazza vince il premio Miglior scrittura originale al Concorso di corti teatrali “Teatri Riflessi”, Catania.
Nel 2011 scrive, dirige e interpreta “Taddrarite” e fonda la compagnia Accura Teatro, e nel 2013 scrive e interpreta “Giacominazza”.
Il testo Taddrarite si aggiudica il secondo posto e il premio della critica al “Premio internazionale per la drammaturgia Etica in Atto 2013″ ed il premio come miglior spettacolo e miglior drammaturgia al Roma Fringe Festival 2014. Giacominazza vince il premio Miglior scrittura originale al Concorso di corti teatrali “Teatri Riflessi”, Catania.
Come attrice, soprattutto negli anni tra il 2005 e il 2009, calca le scene di diversi teatri italiani e fa anche qualche piccola esperienza nel mondo del cinema e della pubblicità. Da ricordare, in particolare, il suo contributo nella rappresentazione dell’opera “i ciechi di Maeterlinck”, nel Teatro antico di Segesta, e il suo debutto romano, al Teatro dell’Orologio, ne “Il malinteso” di Camus, per la regia di Silvana Bosi. Per arricchire la sua formazione, negli anni a seguire, frequenta importanti laboratori e seminari di regia e scrittura; tra i suoi insegnanti si possono citare Corinna Lo Castro, Filippo Luna, Emanuela Giordano, Marzia G. Lea Pacella e Serena Sinigaglia.
Nel 2011 scrive la sua opera prima: “Taddrarite”, di cui Luana è anche attrice e regista. “Taddrarite”, in italiano “Pipistrelli” è uno spettacolo contro la violenza sulle donne, profondamente drammatico, ma piacevolmente ironico e divertente. Lo spettacolo, non solo incontra subito il favore di pubblico e critica, ma ottiene in fretta anche importanti riconoscimenti.
Sempre nel 2011, Luana fonda la compagnia teatrale “Accura Teatro”, con l’obiettivo principale di veicolare le sue opere. Il suo Teatro mette al centro “Il Testo, la Parola”; partendo da questi si lavora sulla sonorità e sulla musicalità del linguaggio, utilizzando prevalentemente il dialetto siciliano.
Forte dei riscontri positivi di “Taddrarite”, nel 2013 scrive “Giacominazza” e anche questa volta è subito successo. Il testo, che parla delle difficoltà che incontra un amore saffico per emergere alla luce del sole in un piccolo paesino siciliano, infatti, è già stato premiato come miglior scrittura originale al concorso di corti teatrali “Teatri Riflessi” di Catania.
Nel 2014, Luana scrive il suo nuovo testo teatrale: “A Testa Sutta” che, per la prima volta, vede sulla scena un personaggio maschile, ma che, come gli spettacoli precedenti, è ambientato in Sicilia e recitato in un dialetto decisamente travolgente.
TADDRARITE
(pipistrelli)
SINOSSI
Una notte per svelare ciò che non era mai stato detto.
Tre sorelle vegliano, come nelle vecchie tradizioni siciliane, il marito morto della sorella minore. Il velo del silenzio, del pudore, delle bugie viene squarciato da un vortice di confessioni e dall'esplosione di emozioni, in un chiacchiericcio di musicalità e pungente ironia le donne vengono trascinate in un’atmosfera surreale. Grottesca e ilare è la visione drammatica della vita di queste donne, si ride e si sorride, e si ha il coraggio di affrontare con sarcasmo le violenze che non avevano mai osato confessare.
Passata la lunga notte, l'anima del defunto, secondo tradizione, ha finalmente lasciato la casa. Il nuovo silenzio che avvolge le tre sorelle è ora intessuto di forza, di voglia di reagire e combattere perché ogni donna non dovrà nascondersi e nascondere più.
NOTA DI REGIA
Una storia “focosa”, crudele, come la mia terra. Una storia vera di donne succubi, schiave, "sciroccate", prese alla gola dalla morsa del destino che le accomuna, dai segreti stretti in grembo, dalle lingue morse pur di non parlare ed evitare la vergogna per rendersi coraggiose e sopportare le violenze subite dai mariti. Ho scelto la via dell'istinto, dell'ironia, dei sorrisi amari pur di non farle cadere sconfitte; la via delle parole sussurrate, senza prepotenza e con l'ingenuità e la tristezza che mi accomuna alla vita di "sti fimmine".
GIACOMINAZZA
SINOSSI
Lo sguardo stolto della gente che ti guarda di traverso, lo sguardo "schifiato", molesto, indagatore e punitivo nei confronti di "Giacominazza" di fronte all'omosessualità dichiarata, lo sguardo del "lontani da me" di chi come Mariannina ha tante cose da nascondere, ma le ha nascoste bene e alla gente piace cosi. Un dialogo fra due donne, due generazioni, due modi opposti di affrontare la vita, le lega la stessa passione lo stesso modo di voler esserci a tutti i costi contro i pregiudizi inutili della gente, contro il chiacchiericcio maligno che spesso ci perseguita senza nessun motivo preciso solo perché “la gente” ha voglia di s-parlare.
NOTE DI REGIA
Ho cercato il più possibile di lasciare spazio alla parola e alla passione interpretativa, il dialetto siciliano ne facilita il risultato; un gioco di luci ci accompagna all’interno delle vite di due donne, Giacomina vittima dell’oppressione e delle malignità della gente cerca di scappare da una realtà che la renderebbe schiava e che le imporrebbe un determinato comportamento che la società vuole. Pronta a lasciare tutto pur di essere se stessa, ma a complicare le cose un’infatuazione improvvisa che potrebbe far saltare i suoi piani, da lì l’idea di andare dalla cartomante del paese, perché se la gente è così cattiva quell'amore non è altro che il frutto di un malocchio. Diversi incontri si susseguono e le due donne si ritrovano, una di fronte all’altra, a “battersi con le parole” per giustificare le loro scelte di vita. Giacomina diversa per gli altri è la persona più vera, l’astrologa costruitasi un personaggio è ormai agli occhi della gente la normalità che va rispettata, questo a volte a discapito della propria libertà.
A TESTA SUTTA
SINOSSI
Giovanni è buono, è abbunazzato o abbabbasunato (come dice la gente) Giovanni è indifeso, Giovanni è l ombra di un cugino che lo difende, lo ama, e non lo fa sentire diverso, perchè l’ unica diversità che vede è che Giovanni è “biondo con gli occhi azzurri mentre lui è nero con gli occhi neri”. Giovanni racconta, racconta dei giochi da bambino, di quel nascondino (ammucciaammuccia), di quella conta che termina sempre prima, perché fa paura girarsi e non trovare nessuno, non trovare suo cugino. Giovanni racconta della gente, di una zona sbiadita di una Palermo che non accetta gli "indifesi",perché se non sei capace a lottare è meglio non esserci. Giovanni ci accompagna nella sua vita, nelle sue strade, e a guardare a “testa sutta” un mondo che non perde il suo significato ma ne acquista un altro più importante. Un dualismo perfetto tra due cugini, i piedi e la testa, la testa e i piedi, un gioco, se lo si fa in due non si cade...mai...anche se all'improvviso si perde "l'equilibrio"...
NOTE DELL'AUTRICE
Mi è stato commissionato un testo che si muovesse tra l’ombra dell’emarginazione e la luminosa spontaneità dei sentimenti. Sullo sfondo di una Palermo che restasse a guardare con le sue strade polverose e pettegole, ho immaginato di ricostruire il palcoscenico di un’infanzia dalle ore fragili e dai giochi duri, propri di quel rito di iniziazione che è la vita. La poesia avrebbe inondato il paesaggio delle palazzine popolari, velenose come alveari e fitte di complice vivacità, e si sarebbe snodata nei cortili, nelle strade terrose, nel chiasso dei bambini di strada fino a raccontarci di due personaggi opposti ma complementari.
U biunnu, bambino dalla pelle bianca e affetto dal “candore del cuore” e suo cugino, il “mafiosetto” del quartiere, che si è fatto carico della fragilità del Biunnu, “abbabbasunnato” in mezzo alla strada, in perenne conflitto tra il suo delicato mondo interiore e la cruda realtà in cui è costretto a muoversi. Si percepirà nel testo una nota di dolcezza nel bullismo del cugino, che potremmo definire un duro atto di amore e che diventa quasi protesta davanti all'inconcepibile binomio debolezza-sensibilità di cui Biunnu “è affetto” e che lo rende incapace di entrare in rapporto attivo con i “normali” della comunità, allontanandolo dal “mordere il mondo” quanto piuttosto ad accarezzarlo attraverso il filtro della sua ingenuità. E come dalla terra arida della Sicilia fiorisce il profumo dei gelsomini, così dal degrado sociale sboccerà un piccolo esempio di acerba bellezza, in cui scopriremo che i due personaggi non sono che uno solo – “Chi avi di diverso, tagghia ca chi sangu nesci” – direbbe la madre del Biunnu – e che entrambi sono cresciuti tenendosi metaforicamente la mano pur osservando la vita da due prospettive diverse, sentendola sulla pelle agli antipodi, là dove i piedi e la testa di uno saranno la testa e piedi dell’altro, ma unico resterà il baricentro dei cuori. L’emarginazione, la diversità, la violenza, l’incomunicabilità diventeranno perle di luce e il paesaggio interiore, ormai libero di potersi affermare, si farà lentamente spazio nel degrado della scena iniziale.
La morale è una capriola – “Ti spogghia i pinseri e ti talia cu dda innocenza chi ti fa pinsari chi fosse l’unici diversi semu nu iatri: io, tu, tutti” – e si finisce “A testa Sutta” per confondere la linea tra il cielo e la terra, abbandonando ogni limite dettato da un pregiudizio che possa coglierci impreparati.
U biunnu, bambino dalla pelle bianca e affetto dal “candore del cuore” e suo cugino, il “mafiosetto” del quartiere, che si è fatto carico della fragilità del Biunnu, “abbabbasunnato” in mezzo alla strada, in perenne conflitto tra il suo delicato mondo interiore e la cruda realtà in cui è costretto a muoversi. Si percepirà nel testo una nota di dolcezza nel bullismo del cugino, che potremmo definire un duro atto di amore e che diventa quasi protesta davanti all'inconcepibile binomio debolezza-sensibilità di cui Biunnu “è affetto” e che lo rende incapace di entrare in rapporto attivo con i “normali” della comunità, allontanandolo dal “mordere il mondo” quanto piuttosto ad accarezzarlo attraverso il filtro della sua ingenuità. E come dalla terra arida della Sicilia fiorisce il profumo dei gelsomini, così dal degrado sociale sboccerà un piccolo esempio di acerba bellezza, in cui scopriremo che i due personaggi non sono che uno solo – “Chi avi di diverso, tagghia ca chi sangu nesci” – direbbe la madre del Biunnu – e che entrambi sono cresciuti tenendosi metaforicamente la mano pur osservando la vita da due prospettive diverse, sentendola sulla pelle agli antipodi, là dove i piedi e la testa di uno saranno la testa e piedi dell’altro, ma unico resterà il baricentro dei cuori. L’emarginazione, la diversità, la violenza, l’incomunicabilità diventeranno perle di luce e il paesaggio interiore, ormai libero di potersi affermare, si farà lentamente spazio nel degrado della scena iniziale.
La morale è una capriola – “Ti spogghia i pinseri e ti talia cu dda innocenza chi ti fa pinsari chi fosse l’unici diversi semu nu iatri: io, tu, tutti” – e si finisce “A testa Sutta” per confondere la linea tra il cielo e la terra, abbandonando ogni limite dettato da un pregiudizio che possa coglierci impreparati.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 06 678.82.59
TEATRO DUE
Vicolo dei Due Macelli, 37
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