Recensione di Bianca Maria Sezzatini
IRAN, paese straordinario; paesaggi incredibili; cieli di un azzurro intenso; etnie diverse ed affascinanti; mille colori che non bastano però a far dimenticare i regimi totalitari che controllano gli aspetti personali della vita degli individui come i corpi, la sessualità e l’identità.
Kafka interpreta bene questo scenario poiché ha esplorato l’angoscia e l’alienazione dell’individuo nella società moderna in cui le istituzioni, come la burocrazia, la legge e la religione sembrano limitare la libertà dell’individuo e renderlo impotente di fronte al destino che gli è riservato. L’idea dell’alienazione dell’individuo è anche frutto della società industriale che si sviluppa a suo tempo: il lavoro industriale porta gli operai a svolgere la loro mansione in modo meccanico. Inoltre, Kafka ha esplorato la natura dell’identità e della conoscenza ponendo l’accento sulle difficoltà dell’individuo di conoscere se stesso e gli altri.
I suoi personaggi spesso lottano per comprendere il loro posto nel mondo e le loro relazioni con gli altri e si trovano a confrontarsi con la precarietà e l’incertezza dell’esistenza umana. Il suo pensiero è abilmente traslato nella situazione attuale di vita iraniana.
In questo film si esplorano le dinamiche del potere nella società iraniana contemporanea dove si analizzano le idee di Focault nella biopolitica sul biopotere e relativi impatti sui cittadini dell’Iran nell’ambito di un sistema che esercita un controllo totalitario. Ci si trova immersi nella resistenza, nei ritagli di un insieme di piccoli spazi privati di ribellione a dispetto del regime oppressivo.
Il film esalta la cronaca di grande potenza emotiva sulla libertà individuale. È una forte difesa e resistenza che determinano quasi un’inchiesta cinematografica sulla biopolitica ed il biopotere, difendendo la libertà individuale come unico valore supremo per l’esistenza umana, purtroppo, sempre più minacciato.
E un puzzle di vite singole che sono intrise nella poesia di Ghazal e la filosofia Kafkiana. L’osservazione attuale delle dinamiche umane personali iraniane è simile alle nostre vite che sono magistralmente riassunte nella poesia di Forugh, grande poetessa iraniana, che recita: “Poi / il sole divenne freddo / e l’abbondanza lasciò la terra / e nelle vallate l’erba morì / e nelle profondità i pesci morirono / e da allora la Terra / non accolse più i morti”.
Gli autori Alireza Khatami e Ali Asgari portano le undici scene del film come gli undici versi della poesia di Forugh Farrokhzad nel suo “Terrestrial verses”. È una tecnica nota come la poesia Ghazal ovvero una forma poetica classica equiparabile al sonetto della poesia europea che utilizza stanze indipendenti in coppie che sono legate tra loro dal tema e più strettamente dalla loro forma poetica, per esempio, ripetendo una rima finale per tutta la poesia. Hanno pensato che quella poteva essere una analogia strutturale adatta ad un film ed è così che sono giunti a produrre le undici scene. Sono storie ironiche e commoventi che affrontano avversità e che completano il puzzle dell’attuale società iraniana.
Film unico nel suo genere tragicomico nonostante le situazioni di grande difficoltà narrate. Da non perdere!
Distribuito da Academy Two è presente nelle sale cinematografiche dal 5 ottobre 2023.
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